Ed ecco anche i mei pensieri...
Tutte le foto QUIQuando si dice “il Delta” non ci sono ambiguità, non stiamo mica parlando del delta del Nilo. Avevo sfiorato il Delta un anno fa, quando avevo terminato il tour della Laguna Veneta proprio alla foce dell’Adige; prima, la mia unica visita al Delta era antecedente al 2000, avevo ancora la Cagiva e avevo percorso la zona a nord del ramo principale. L’atlante TCI però mi ingolosiva sempre con i tratti verdi che bordano la Sacca degli Scardovari ed eccomi qui, dopo tre ore di autostrada Milano-Bologna-Ferrara, diretto verso Comacchio dove mi incontrerò con l’organizzatore Paolo
paolo2145 , il Signore della Raticosa, ed altri amici. Lungo la strada mi si affianca Stefano
morfeo 74, che sorpresa, non ci vedevamo dal giro al Grossglockner del 2013. Al puntello presso i Trepponti arrivano poi Paolo, Vando e Marco, conosciuti al giro alla Raticosa del settembre 2021 e infine Daniele.
Dopo una breve passeggiata ai Trepponti iniziamo il tour sotto un cielo poco gratificante ma mai minaccioso lungo stradine deserte che corrono sugli argini passando accanto a paesi, taluni in Emilia Romagna e taluni già in Veneto, da quei nomi esotici che tanto mi hanno sempre affascinato. Non è più fiume, non è ancora mare, il Po forma anse e golene costringendo la strada a compiere mille curve nel paesaggio piatto e ad attraversare l’acqua su ponti di barche, su uno dei quali (il ponte di Santa Giulia) il Signore della Raticosa magnanimamente pagherà il dazio per tutti, dovremo adeguatamente ricambiare in future occasioni.
Sosteremo all’opera idraulica di Torre Abate, poi presso il faro di Goro e infine alla torre per birdwatching di Ca’ Mello, percorrendo le stradine con un filo di gas ammirando meandri, lagune e casoni di pesca da una parte e casali di cui molti abbandonati dall’altra, fino ad arrivare a Ca’ Dolfin dove il ristorante “Da Andreina” ci attende. Andreina è una scaltra cinquantenne dai modi spicci che parla in dialetto e trasmette l’impressione di non farsi mettere i piedi in testa, sarà per noi una piacevolissima oste.
Alla fine del pranzo la bella compagnia si scioglie per i rispettivi impegni: io punto per la tappa che avevo proposto, il Museo della Bonifica di Cà Vendramin, ottenuto dalla ristrutturazione di una idrovora dei primi del Novecento. Ci arrivo da Porto Tolle, paese che sorge proprio sotto l’argine, e non posso sbagliare strada perché la ciminiera alta sessanta metri che si staglia contro un cielo sempre più nuvoloso è inconfondibile. Il parcheggio è deserto, a parte l’auto della ragazza alla biglietteria: il museo è tutto per me e lo visiterò mentre fuori si scatenerà un temporale che durerà mezz’ora buona: che fortuna!
Un’ultima tappa al solitario campanile di Rivà, piccola curiosità che volevo vedere da tempo, e poi prenderò la strada del ritorno attraverso la Transpolesana fino a Verona. Partito alle 6, rientro a casa alle 20 dopo 750 km.