Mi risveglio con il rumore dell'acqua del fiume di Avanos
Ho passato la notte qui
Dopo colazione e prima di partire faccio sgranchire le gambe a Zampa, oggi faremo parecchie ore di viaggio oltre 500 km. C'è anche un mulino a vento, un poco fuori luogo!
Alle 9 partiamo, a Malatya sono 400 km, tutti abbastanza facili, anche se non bisogna mai distrarsi, specie quando superi camion da 1000 qli e 5 mt di altezza
Dopo neanche un ora che viaggio mi prende un forte dolore appena sotto lo sterno: alzo subito il gas e penso: alé, ci siamo, il mio viaggio finisce qui...i miei figli...Zampa...il report incompiuto per gli amici del forum!
Ci mette una bella ora a passare, penso a quello che ho mangiato e alla colazione, ma non c'è niente che mi possa aver fatto male. Poi ricordo, appena dopo la partenza, ho bevuto tanta acqua fredda (il la bevo sempre a temp.ambiente, ma avevo una bottiglia in fresco e ho preso quella), sono certo che è stata una congestione.
Tanto la strada non finisce mai, ma i paesaggi sono totalmente cambiati, ora si perdono all'infinito
Di solito nell'altipiano Anatolico si viaggia sui 900/1000 mt di altitudine, ma poi senti il motore che non rende e non capisci il perché. E vai avanti, magari stai salendo delluno per cento, sei sempre in pianura, stessi paesaggi sconfinati ma...sei a più di 1800 mt!
Ma poi magari per 50 o 60 km il mezzo va con un filo di gas!
E arrivo a Malatya per le 14, dopo oltre 400 km e un pranzo veloce.
È una città moderna, sembra l'abbiano finita ieri e costruita in un lampo: tutti palazzi da 10 o 15 piani nuovi, distributori luccicanti di carburante dappertutto, strade e viadotti nuovi. Non c'è niente da vedere tranne un bazar degno di nota nel centro storico, ma visto dove devo andare stasera a dormire, decido di saltare.
Già non ve lo ancora detto: la destinazione è la vetta del Nemrut Dagi, ma montagna più alta della Mesopotamia settentrionale. So che le strade non sono belle, e non posso rischiare di arrivarci con il buio.
La strada sale ripida
Poi finisce l'asfalto, ancora più ripida e ancora più stretta, ogni tanto nei tornanti il Ducatone slitta un poco
E finalmente arrivo in cima, dove un re megalomane ha fatto erige la sua tomba/santuario. È un posto magico, vi riporto due righe di Wikipedia che lo descrive:
"Sulla sua sommità si erge la tomba santuario del re Antioco I di Commagene, riportata alla luce... nel 1953. Si compone di un tumulo di pietra frantumata, di 150 m di diametro per un'altezza di 50 m. Alla base tre terrazze: terrazza nord, terrazza ovest e terrazza est, formano il santuario; altari e statue gigantesche a creare uno scenario toccante che coglie il suo apice alla luce dell'alba e al tramonto del sole. Data la sua ardua collocazione, la natura ha prevalso sull'uomo e con fulmini, terremoti e lo stesso trascorrere del tempo, le statue sono state decapitate e le teste sistemate intorno all'incredibile tumulo. Il luogo della sepoltura, nonostante diversi tentativi, è ancora da scoprire."
Ovviamente ci rimango fino al calar del sole (dormirò 200 mt di dislivello più in basso), dovrei tornarci all'alba perché avrei la luce del sole dalla parte giusta, ma preferisco dormire, quindi accontentatevi. Le foto non rendono niente di quello che si prova lassù, le statue sono alte 9 mt.
Nella foschia si intravede il corso dell'Eufrate, che traversero' domani.
E Zampa, che ama la montagna e la neve, mi ringrazia!
Chiacchero a lungo con il guardiano del posto, non passa quasi nessuno in questo periodo, e parla inglese elementare, come il mio.
Gli chiedo se ci sono lupi, mi risponde molti, e mi dice che pochi giorni fa c'era anche una coppia di orsi proprio nel prato sotto al posto dove ho piazzato il camper.
Imposto il termostato del riacaldamento, infatti nella notte parte, fuori fa freddo.
La mattina mi rialzo cosi, senza orsi, per fortuna
Obbiettivo di oggi è andare a Diyarbakir, nel Kurdistan, a circa 100 km dal confine siriano.
Potrei tornare a Malatya e ctaggiungerla tramite strade principali, oppure aggirare tutto il gruppo delle montagne intorno al Nemrut Dagi, in zone piuttosto impervie, e arrivarci poi da sud.
Ovviamente scelgo la seconda opzione,
non prima di avere verificato che sia Osmand che google mi dicano che la strada è praticabile.
La Turchia vogliamo vederla in tutti i suoi aspetti, o no?
La strada c'è, ma è brutta davvero. Mi ricorda alcune zone disperse del Marocco, tipo al passo del Tizi in Test: la cosa che mi preoccupa di più è che taglia dei versanti franosi, sulla strada è pieno di sassi caduti dalla montagna. Procedo con un occhio sulla strada, uno sul precipizio, e un altro sopra di me sulla scarpata: si, tre occhi ci vogliono!
Per circa 80 km attraverso zone davvero povere e isolate, con persone che vivono di pastorizia e di orti fatti in mezzo alle pietre.
Poi uan volta più in basso, all'uscita di un paesino trovo una bella fonte, è l'ideale per riempire i serbatoi di acqua di montagna, e anche per lavare il muso del Ducato che è tappezzato da 5000 km di moscerini.
E più tardi viene un momento significativo: l'attraversamento dell'Eufrate, che finalmente entra a far parte oltre che della mia memoria scolastica anche di quella visiva.
Evito di fotografare il paesaggio dopo l'Eufrate, non sta nelle foto. Ul altipiano di pietre con qualche filo d'erba, pastori con i greggi disseminati a perdita d'occhio, molti che vivono in tendoni.
Arrivo a Diyarbakir, prima attraversando una lunghissima e disordinata periferia, che mi fa capire quanto sia già diversa questa regione dalla Turchia che ho visto finora.
I segni del violentissimo terremoto di appena 12 mesi fa sono ben evidenti, interi spazi vuoti con macerie o palazzi abbandonati, 50 mila persone che non ci sono più.
Entro dalla porta della città vecchia, interamente protetta da mura in basalto nero e mi vado a sistemare in un parcheggio recitanto e con guardiano in pieno centro, facendogli presente che ci dormirò per la notte (costo 6 euro).
Non più di dieci minuti e sono a spasso, è sabato pomeriggio e c'è un caos indescrivibile. Gente che cammina in tutte le direzioni, rumore, bancarelle, famiglie, migliaia di bambini. È già i bambini: qui i bambini lavorano, lo avevo visto lungo la strada di avvicinamento, che conducevano i greggi, lo vedo in città, che vendono alle bancarelle, che scaricano i camion, che aiutano i genitori nei negozi.
Mi colpisce anche la diversità dei lineamenti nelle persone, tanto scuri di pelle e duri nell'aspetto quanto buoni e gentili nell'animo, semplici e genuini. Non ne ho ancora parlato, ma i turchi mi hanno davvero colpito nella loro ospitalità e gentilezza, riservatezza e rispetto. Qui pare ancora di più.
Qui ci sono curdi, armeni, assiri, ebrei, persiani, osseti e altre razze ancora oltre ai turchi.
Zampa è un elemento catalizzatore, mi aiuta a comunicare con le persone di qualsiasi razza esse siano, nonostante tutte le difficoltà a comprendersi: ma nelle persone che incontro e con cui parlo (oggi davvero tante) sento il loro desiderio di parlare e confrontarsi. Amano gli italiani, e amano i cani, tutti mi fanno vedere le foto dei cani che hanno nella loro casa. Si fotografano con Zampa, si ride e si finisce a bere un the. Si, per loro è come per noi il caffe, ma forse di più, è proprio un segno di cordialità, di amicizia.
Oggi ho vissuto una bella giornata, toccante, non ho pensato molto alla qualità delle foto: spero che dalle immagini trasudi un pochino di questa euforica allegria che si respirava oggi in queste vie, nei mercatini, nel cortile della moschea, nei locali.
E ancora:
un locale per il the:
Bambini che giocano con i gatti:
Finalmente il pane buono!
Un bambino colto sul fatto mentre ruba un dolcino:
Una dolcissima bambina: