Buongiorno amici passionisti! Ecco il resoconto del giro di domenica scorsa, 10 ottobre. Come anticipato, è stato probabilmente il giro più bello della stagione, in cui ho raggiunto il punto più alto in moto (i 2047 m del Manghen) e ho percorso la distanza più lunga in sella in un solo giorno (240km abbondanti)... quindi perdonerete i toni epici e forse un po' esagerati con cui ho descritto il giro
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È ormai da quasi un mese che, purtroppo, uso la moto solo per dovere, per i dieci chilometri che separano casa dall'università, e poco altro. Insomma,
avrei proprio voglia di macinare un po' di chilometri per il gusto di andare, vedere strade e posti nuovi, per esplorare davvero i luoghi che tante volte ho sognato sulla carta, per portare le ruote della mia motoretta sulle curve mitiche di certi passi famosi... Eppure non trovo il tempo, o meglio non ho lo spunto giusto per prendere e partire.
Inaspettatamente, quindi, sabato pomeriggio mi arriva un messaggio da
Alessandro, mio grande amico e fiero vespista: con il suo
PX 125 del 1982, ereditato dal padre, ha già fatto viaggi di tutto rispetto, girando dalla Liguria all'Isola d'Elba. Con lui, a giugno, ho percorso il periplo del Lago di Garda con una variazione sul Lago di Iseo, dormendo una notte in tenda alla buona, carichi di bagagli: due giorni bellissimi, con un'atmosfera da vero viaggio "in miniatura"...
Con lui si viaggia bene, le nostre cavalcature sono così diverse ma al tempo stesso simili per cilindrata e prestazioni, si entra in sintonia e i chilometri scorrono. "Comunque domani se ti va andiamo a farci un giretto in moto, che mi sa che sono gli ultimi giorni prima del freddo vero..." Non me lo faccio ripetere due volte, colgo la palla al balzo!
Decidiamo il giro, e dopo un po' di proposte troviamo la quadra: nell'aria aleggiano due nomi, due passi che io non ho mai percorso in moto e che sono, per bellezza dei luoghi e delle strade, nella lista dei posti da vedere.
Passo Manghen e passo Mendola, abbastanza mitici entrambi, almeno ai miei occhi. La sfida, se tutto va bene, è riuscire a inanellare in duecentoquaranta chilometri unendo i due passi.
Appuntamento la
domenica mattina alle 10: essendo già pieno autunno, partire prima significherebbe prendersi ancora più freddo inutilmente. Io, comunque, sono bardato dalla testa ai piedi, con innumerevoli strati di indumenti termici, braghe e scarpe da montagna, un giaccone russo che tiene caldo fino a meno dieci, guanti invernali da moto. Lo stesso può dirsi del mio compagno.
Ho appena fatto il pieno, 15 euro di benzina e il serbatoio è pieno fino all'orlo... Si va!
Per prime, le curve della
Fricca fino al piccolo altopiano di Vattaro, preludio di quasi tutti i giro in moto: ormai le so a memoria, le percorro in scioltezza, so già dove e quando scalare marcia, frenare... Divertentissimo. Il mattino è serenissimo, c'è un bel freschetto e i raggi del sole iniziano a scaldarci un po'. Un serpentone di 5/6 tornanti ci porta a
Caldonazzo, poi ci buttiamo in
Valsugana per la veloce statale a doppia corsia. A
Borgo si esce; pausa rifornimento per la Vespa, che non ha il miscelatore, quindi il mio amico ogni volta deve aspettare di entrare in riserva e riempire il serbatoio di 5 litri, in modo da fare la miscela corretta... Operazioni di altri tempi, che sono affascinanti e in certi momenti perfino divertenti, ma non fanno per me!
Ed inizia il
passo Manghen. Quante volte ho sognato di percorrerlo, da quando ho la moto! Quanti giri progettati su Maps e poi rimandati, annullati, modificati... Eppure ora, con il sole caldo delle 11 che ci bacia prima di entrare nel bosco, siamo qui alla base della salita. Ale sta davanti, visto che conosce la strada, io seguo. Per la prima parte siamo i soli mezzi a percorrere la strada che, con curve e controcurve, si innalza dolcemente fra gli alberi, spesso asfaltata di fresco. Dopo il primo chilometro,
è un piacere far scivolare la moto fra le esse della strada, rimanendo quasi sempre sul filo del limite dei 60 all'ora (anche perché di più non potremmo andare, noi con i nostri 15 cavallini scarsi),
godendoci intanto il paesaggio che cambia. I primi prati, l'odore del letame e le prime rampe ripide, che ci costringono a scalare. La giornata continua ad essere stupenda, le nuvole rimanenti si dissolvono mentre saliamo.
La strada si restringe, ai lati si vede anche la distruzione di versanti spelacchiati dalla tempesta Vaia del 2018. Poi la serie degli ultimi tornanti, secchissimi e stretti, mentre a bordo strada e sui prati compare qualche chiazza di neve! Eh sì, siamo appena sopra i 2000 metri, e qualche giorno fa è scesa la prima spolverata di neve della stagione.
Siamo in cima, ci urliamo a vicenda! Ecco il cartello pieno di adesivi, e poi l’esposizione improvvisata delle moto più disparate, che sempre si trova sui passi: una bellissima e cromata Norton rossa, un po’ di maxienduro, qualche immancabile GS, un motard due tempi… le nostre due moto non sfigurano in una fauna così variegata! Infatti ci mettiamo subito a parlare con due motociclisti bergamaschi, padre e figlio, molto simpatici, che ci dicono voler fare il nostro stesso giro, solamente al contrario. Ci scambiamo il favore della foto davanti al cartello, parliamo un po’ dei nostri mezzi (sono molto interessati alla Vespa, giustamente!) e ci consigliano di fare, prima o poi, l’Eroica in Toscana: segnata sulla lista!
È mezzogiorno passato ma non vogliamo fermarci a mangiare al ristorante del passo, e
decidiamo di scendere, dopo aver ammirato la
vista a 360 gradi sul Lagorai e, in lontananza, le catene dell’Alto Adige: strada anche questa bellissima, che alterna tornanti a rettilinei (sempre comunque molto stretti), e corre prima sui prati, poi tra i boschi secolari e bellissimi. Un’unica pausa di qualche minuto per riavvitare una vite ‘ ribelle’ che si è staccata dalla plastica del faro della Vespa: per fortuna che non è nulla di grave, e che è caduta sulla pedana, rimanendo lì… poco male.
Arriviamo in periferia di
Cavalese, poi saliamo per stradine secondarie qualche chilometro fino ad
Anterivo, dove abbiamo visto esserci un locale che fa al caso nostro: un po’ di caldo, un tris di canederli e pausa dalla sella della moto.
Alle 13 siamo già in ripartenza, e inizia
una delle strade più divertenti di tutto il giro: la Val di Cembra. Siamo in discesa, quindi ce la godiamo tutta senza sforzare all’inverosimile il motore. La peculiarità di questa provinciale è che si tratta di un serpentone di curve larghe, comode, veloci, praticamente senza rettilinei. Ci divertiamo come bambini, Ale inizia a piegare la Vespa manco fosse una sportiva, è uno spettacolo guardarlo da dietro.
In un susseguirsi di curve e paesini in breve siamo a Giovo, dove deviamo a destra di nuovo in salita, fino a
Masen, e poi giù fino a
Faedo per una bellissima secondaria, prima in un bosco di latifoglie già incendiate dall’autunno, poi fra i vigneti ancora verdi ma già prossimi a diventare dorati.
Siamo in valle, e decidiamo di continuare il giro come avevamo pensato:
40 chilometri di Strada del Vino fino a Caldaro, dove inizia la strada del passo Mendola. Quest’ultimo non è nulla, paesaggisticamente parlando, rispetto al Manghen di stamattina, ma
la strada è molto più divertente: una prima serie di tornanti, poi un traverso in cui corre aggrappata a una parete rocciosa, infine un’ultima serpentina e ci siamo.
Il sole è già basso, ci rifugiamo nel bar davanti al punto panoramico.
Davanti a noi, come un quadro, il Latemar, il Catinaccio, lo Sciliar, e in basso nel bosco i tornanti appena percorsi “a cappetta”.Sono quasi le 17, inizia ad essere tardi:
di nuovo in sella, percorriamo tutta la val di Non, ricca di scorci molto belli, ma ormai siamo abbastanza stanchi per godercela del tutto.
Unica pausa al benzinaio per la Vespa (io, per la cronaca, ho ancora 1/3 abbondante del serbatoio riempito alla mattina: conferma dei consumi ridicoli della motoretta, pur avendole tirato il collo in gran parte del giro). A
Mezzolombardo,
per comodità e velocità, optiamo per la tangenziale, e devo dire che non mi dispiace: dopo più di duecento chilometri di curve, continue cambiate, frenate e accelerate, accetto di buon grado di fare l’ultimo tratto quasi sempre in rettilineo, a gas costante, pur un po’ sballottato dal vento dei 90 all’ora.
Mentre viaggiamo in quel flusso di macchine, quando già stiamo arrivando a Trento, a casa,
ripenso a tutto il giro fatto: sono stanco ma contento, ho in corpo l’adrenalina sana che viene ad andar via in moto, negli occhi come istantanee mi scorrono tutti i momenti, i paesaggi, il freddo dei duemila del Manghen (per la cronaca, ad oggi il punto più alto raggiunto in moto: per l’estate prossima però mi aspetta lo Stelvio!)
, la danza della moto fra i tornanti del Mendola.
Guardo nello specchietto la Vespa di Ale, e improvviso un’ode a quel mezzo incredibile, a chi lo sa guidare così (io ci ho provato, ma ho rischiato quasi di finire fuoristrada!) e a chi lo ama nonostante le ruotine minuscole, ai freni poco affidabili…
infine, ringrazio anche la mia motorella, che ho da un anno e ogni chilometro che faccio imparo a conoscere meglio.
Inizio a capire i suoi limiti e i suoi pregi, fin dove posso spingermi: le chiedo sempre tanto, e lei da fedele cavalcatura si presta a portarmi dove voglio. Proprio oggi, tra l’altro, ho superato i 7000 km sul contachilometri: in un anno ne ho percorsi 3500, e ho raddoppiato esattamente la cifra che segnava quando l’ho comprata. Un traguardo minuscolo in confronto a quelli dei motociclisti “veri”, ma
sono affezionato a ogni metro di questi 3500 km, perché a ognuno di essi si lega un ricordo, un momento particolare, un’emozione… ora l’obiettivo è dei diecimila, e poi ancora e ancora, si spera!
Inutile dire che, parcheggiatala nel capanno dove la tengo, scendo dalla sella con un sorriso a trentadue denti.
Entrando in casa, i miei genitori mi chiedono che giro abbiamo fatto, alla fine. “Nulla di che, siamo andati a fare due passi…” e inizio a raccontare.
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Se siete arrivati fin qui a leggere, spero di non avervi annoiato troppo
Buona strada e a presto